Alessio Di Giovanni


Alessio Di Giovanni, siciliano di Cianciana, fu poeta, romanziere, novelliere, drammaturgo, saggista, critico letterario, studioso demopsicologo.


LA SICILIA NEL CUORE - Salvatore Di Marco, poeta, saggista, studioso della letteratura siciliana, descrive così la figura dell’autore di Cianciana: "Assume un rilievo assai significativo il fatto che Alessio Di Giovanni fosse stato un autore dialettale profondamente legato - anche nei suoi scritti di folklore e nei suoi studi sulle tradizioni popolari - alla terra di Sicilia e alla cultura della sua gente più umile. Egli è, nella storia della letteratura siciliana del Novecento, il poeta forte e drammatico dei lavoratori della zolfara, dei carusi, dei contadini del feudo, il cantore della religiosità cristiana e francescana, nonché dei sentimenti popolari che appartengono alla più schietta tradizione isolana".

I NATALI - Alessio Di Giovanni nacque nella Valplatani, a Cianciana, paese nell'entroterra della provincia di Agrigento il 6 ottobre 1872 (morì a Palermo il 6 dicembre 1946). I suoi genitori furono Gaetano Di Giovanni e Filippa Guida. Il nonno Vincenzo, originario di Santa Elisabetta, si stabilì a Cianciana per impiantare prima una fabbrica di cuoiami e poi darsi all’industria dello zolfo.
Il padre Gaetano fu notaio di Casteltermini, uomo colto, scrittore e storico. Collaborò con il Pitrè nella compilazione della Storia delle Tradizioni popolari. Si trasferì a Cianciana per gestire i beni lasciati in eredità dal padre. Di Cianciana, Gaetano Di Giovanni fu pure sindaco per nove anni.
Terminate le scuole elementari, Alessio Di Giovanni all’età di 12 anni si trasferì con la famiglia a Palermo, ma restò sempre legato alla sua terra alla quale fece spesso ritorno: "Passai l'infanzia e la fanciullezza là nella bella valle del Platani, quella valle benedetta sempre presente al mio cuore, anche in lontananza, come la cosa più cara, la più prediletta, la più amata. La mia famiglia, a quei beati tempi, possedeva le più ricche zolfare del paese e campagne vaste e bellissime, e così i miei primi anni li passai in mezzo ai contadini e agli zolfatari, verso i quali io nutrivo, fin d'allora, un affetto speciale; in mezzo alle colline del mio paese così belle e tranquille, d’una tranquillità malinconica, patriarcale, solenne, che ti va dolcemente al cuore e ti lascia pensoso".
Alessio Di Giovanni dice ancora: "Nacqui nel cuore della Sicilia, in un paesotto solatio, affondato, nella bella stagione, tra il verde delle vigne e dei mandorli. Attorno a codesto verde, immaginate una cerchi di montagne brulle nella lontananza remota e, più vicino, le zolfare arse e fumose, i mucchi azzurrognoli del ginisi, la sconfinata distesa di latifondi malinconici e deserti, che velano ogni cosa di una tristezza arcana e tragica".

LA LINGUA - Alessio Di Giovanni scelse di scrivere nella "gagliarda e ardente, armoniosa e soave, e incisiva lingua di Sicilia". Il 30 novembre 1938, nella premessa al libro "La racina di Sant'Antoniu" spiega: "Comprenderanno perché ho scritto anche questo romanzo in siciliano: non perché non ami e non conosca e non apprezzi la gloriosa e duttile e perfetta lingua nazionale (che, da quarant'anni a questa parte, studio con sempre vivo, appassionato amore), ma per istintivo, irresistibile bisogno di rendere l'intima anima della mia terra, con quella semplicità spontanea e con quella sicura immediatezza che si possono ottenere interamente adoperando il vermiglio linguaggio dell'isola, perché soltanto col suo corrusco fiammeggiare e con la sua armonia accorata, si può dare un'impronta schiettamente paesana alla narrazione..."

"La mia principale cura – dice con efficace sintesi - è stata ed è sempre quella di far pane siciliano con farina siciliana".
Si collegò al movimento dei filibristi che si costituì in Provenza con il poeta Federico Mistral. Il movimento cercò di rivalutare i dialetti e la cultura locale.

IL CALVARIO DELL’ARTE – Alessio Di Giovanni fu avviato a Palermo alla carriera ecclesiastica alla Cappella Palatina. Non sentendosi portato per la missione sacerdotale, lasciò dopo otto “dolorosi” anni per dedicarsi al giornalismo e alla scrittura. Pubblicò nel 1889 su "Illustrazione popolare" di Milano l'articolo “Per un poeta popolare”.
“Io portavo lo stesso nome dell'unico mio caro ed impareggiabile zio paterno. Questo mio zio, dopo una gioventù fortunosa, aveva dato un sincero e spontaneo addio alla vita spensierata, ed aveva abbracciato il ministero ecclesiastico; ma quella di mio zio era stata una irresistibile vocazione, tanto ch'è riuscito un vero sacerdote, buono, pio, modesto, di forte e soave carattere. Ma io non avevo la vocazione del mio caro parente, e di più, incoraggiato dall'esempio di mio padre, il venerando storico di Casteltermini che tutti gli studiosi di cose siciliane ben conoscono, nutrivo dei segreti sogni di gloria e volevo consacrarmi alla letteratura e alla poesia, senza pastoie e senza inciampi”.
"Autodidatta e autocritico incontentabile sino alla ferocia, - dirà ancora Alessio Di Giovanni - mi sono arrampicato su pel doloroso Calvario dell'arte, di giorno in giorno, tenacemente, in silenzio, e, per molti anni, senza un conforto e senza un fiore".

LA VOCAZIONE POETICA – “Precipitate le sorti della mia famiglia, - sono sempre parole del poeta della Valplatani – proprio quando il Pedone Lauriel mi proponeva di raccogliere gli articoli pubblicati dall'Amico del popolo; e quando, nel frattempo, studiavo presso la biblioteca comunale di Palermo, gli autografi del Meli per uno studio critico che volevo scrivere: proprio allora dovetti ritornare alle mie colline.
E vi tornai con l'animo rinnovellato dalle forti pitture di Niccolò Cannicci, il valorosissimo maestro senese che aveva espresso a Palermo varie tele tra le quali: La Siesta: un paesaggio malinconico e solitario, nel quale si svolgeva una delle scene più comuni della vita campagnola toscana: ma una scena resa con tale forza magistrale da dare l'immediata suggestione e quasi la dolorosa nostalgia del vero. Quella verità greggia ritratta con gentile calma serena, con intuito geniale ed amoroso, con rara parsimonia di colore; quella maniera semplice e meravigliosamente vera di rendere senza lenocinii, senz'arcadismi, senza importature fittizie la vita delle campagne, quel sentimento alto malinconico, accorato, diffuso in ogni pennellata della mirabile tela, come un linguaggio arcano che parlasse degl'ignorati dolori della povera gente, dell'arcana armonia della natura delle meste vallate valdesane, erano la mia dannazione. Contemplando la sagoma serena dei miei poggi, certe vallate malinconiche e piene di mistero, certi uliveti raccolti nell'ineffabile quiete dei suggestivi tramonti d'autunno: assistendo alle mie scene della vita campagnola, ero tentato fortemente di provare il procedimento artistico del Cannicci, di seguirne l'esempio. Ma come?…Prima lo feci con alcuni bozzetti di vita agrigentina che pubblicai nei giornali politici di Palermo, e poi con i versi di Maju sicilianu, che videro la luce anni dopo, in Girgenti, presso Francesco Montes, il bravo tipografo, alla cui cordiale amicizia io devo tanto. Non avevo mai scritto versi in vernacolo; solo raccogliendo i canti popolari della mia Valle mi venne fata la prima ottava, e dopo la prima la seconda e così via…
Le scrivevo in campagna, la notte, al buio, sul primo libro capitato, col lapis, senza dar loro importanza, tanto per quietare la smania che mi struggeva e che solo un pennello e una tavolozza che avessero ubbidito, con franchezza paziente, il mio pensiero avrebbero potuto quietare. Ma prima, però, studiavo la vita contadinesca dal vero, con coscienza, con troppa coscienza, tanto che finii magari con lo zappare per provare…quello che provano i contadini (ogni giorno, poveretti, non per una semplice mezz'ora o per un esperimento), e di vestire la cappa del superiore."



FONTI BIBLIOGRAFICHE

"Alessio Di Giovanni - Saggi e note critiche dal 1988 al 2010" di Salvatore Di Marco - edito dalla Biblioteca Comunale Paolo Borsellino del Comune di Cianciana, 2011

Quaderni editi dall'Istituzione Culturale di Studi di Poesia e di Cultura Popolare "Alessio Di Giovanni".

SITI 

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